lunedì 22 gennaio 2007

Quinta tappa: Silenzio

Dobbiamo imparare ad essere severi e indulgenti nello stesso tempo e in egual misura. E' una guerra, i due schieramenti sono la nostra volontà e il pensiero compulsivo, se fossimo troppo duri rischieremmo di scoraggiarci perchè ci peserebbero tantissimo le nostre battaglie perse, ma la forza di un esercito è quella di reagire a una parziale sconfitta e continuare la guerra. Se fossimo troppo gentili, penseremmo di stare meditando in realtà abbiamo già perso perchè le distrazioni hanno preso il sopravvento senza che noi ce ne siamo resi conto. In tal caso è meglio smettere subito perchè stiamo sprecando il nostro tempo e non arriveremmo a nulla.
E' un cammino, magari si fanno tre passi avanti e due indietro, ma di un po' siamo avanzati e possiamo sentirci soddisfatti e perseverare. Quando ci sentiamo deboli riprendiamo in mano le armi e ricominciamo con pazienza; sappiamo qual'è l'arma più efficace, la ripetizione incessante del Nome Supremo, un mezzo potente che ci porterà via via sempre più lontani dai nostri pensieri che adesso si vanno facendo sempre più brevi e rarefatti. E' come se dal centro di un mercato chiassoso ci allontanassimo verso delle vie più silenziose dove le grida dei venditori ormai alle spalle arrivano appena. Non dovremmo da subito pretendere di raggiungere chissà quale silenzio mentale fin dalla prima volta, perchè anche questo stato di parziale quiete è già una conquista importante che potremmo consolidare con la pratica costante.
Ma se avremmo pazienza si può andare oltre in quello che Ballester chiama "ultimo silenzio". Ad un certo punto anche il NS verrà abbandonato, anche lui diventa impalpabile passando da parola ripetuta con forza a semplice concetto:

Ora il NS non è più suono, è presenza. Presenza che va percepita e adorata, non pronunziata e ripetuta. Le parole che Giovanni, il Precursore, rivolge alle folle potrebbero essere quelle che il Nome rivolge al meditante: "Viene uno che è più forte di me" (Lc 3, 16)... "Egli deve crescere, io invece diminuire" (Gv 3, 30). Il Battista annunzia così la venuta del Verbo, mistero che il NS rappresenta al di là di ogni concettualizzazione. Questo mistero che la Parola Sacra ci permette di avvicinare sempre di più, ma non in modo troppo palese e preciso, è raggiunto nell'ultimo silenzio.

Quando si finisce di meditare si ha proprio la sensazione di ritornare alla vita di tutti i giorni dopo un bellissimo viaggio. E' come se per un istante si fosse avuta la corretta visione di come stanno le cose, come se ci fossimo messi in una posizione privilegiata dalla quale i problemi, le piccole grandi gioie e i dolori quotidiani si vedevano piccolissimi e insignificanti, ma non tutto è perduto. Con la pratica costante si tende ad acquistare una chiarezza mentale che ci sara di grande aiuto anche quando non stiamo meditando, è una cosa che produce in noi maggiore determinazione e sicurezza nelle scelte quotidiane, con le dovute eccezioni infatti è più difficile trovarsi in una situazione in cui non si sa come comportarsi. La meditazione esercita inoltre la nostra pazienza, una virtù che ci tornerà utile anche in altre situazioni della vita quotidiana è la pazienza di chi sa bene che quello a cui aspira è limitato e da certi punti di vista anche inutile.



" Nella tradizione Zen giapponese Mu è il simbolo del nulla, del completo silenzio, dell'assenza di significato logico-concettuale. I maestri Zen hanno talvolta usato questo termine per indicare l'impossibilità di intrappolare nella mente l'intuizione del mistero ultimo."

Mariano Ballester - Verso l'altra sponda


Perchè quella situazione mi ha fatto stare male? Perchè detesto la sofferenza mia e quella che produco agli altri. Cos'è che mi fa soffrire? Non avere una persona da amare e che ricambi il mio amore. Che posso farci? La cosa più difficile, niente! Vale a dire accettare in silenzio il fatto che per il momento Dio vuole che io riceva meno affetto di quello che vorrei, senza autocommiserarsi, senza reagire in maniera spropositata, senza cercare di risolvere sostituendo quello che mi manca con qualcos'altro.

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