domenica 27 gennaio 2008

Le persone che cercano

Ci sono persone che passano un'intera vita a cercare qualcosa, ossessionate dal raggiungimento di un certo obiettivo, gli atleti alla ricerca di un record o gli appassionati di sport estremi alla ricerca dei propri limiti, fisici o mentali, gente che scala vette impossibili o capaci di chiudersi in una grotta a vivere in solitudine per anni.
Ma senza prendere in considerazione questi casi più rari poi ci sono tutte le altre, molte di più e altrettanto ossessionate da una ricerca, la ricerca di una forma perfetta dell'aspetto fisico ideale o della migliore realizzazione sociale, l'idea dell'occupazione perfetta o l'incontro della propria vita, quello con la persona perfetta, "l'anima gemella". Gli innamorati dell'amore, i sentimentalisti che devolvono buona parte del loro tempo ed energie alla ricerca di quella persona, l'unica capace di sintetizzare a se tutte le qualità fisiche e caratteriali che hanno sempre desiderato, lo hanno letto sui libri lo hanno visto nei film allora si autoconvincono che deve essere proprio così. Basta osservare cosa si è disposti a spendere o a subire per ottenere tutte queste cose, dagli interventi chirurgici più deleteri ai peggiori compromessi morali che si posso immaginare, per capire a che livello una persona può essere determinata a ottenere una cosa che esiste soltanto nella propria mente e la cui scoperta sarà causa di tanta sofferenza.
Perchè non ci si rassegna all'idea che la perfezione non esiste, che non esiste l'impiego perfetto che non esiste l'anima gemella che il nostro aspetto o il nostro carattere non sarà mai perfetto per tutti e neanche per la persona che amiamo e che niente ci andrà alla perfezione per sempre, forse sembrerà perfetto per un certo periodo ma tutto cambia e col tempo anche il nostro concetto di perfezione.
E chissà quante storie si sono interrotte bruscamente quando uno dei due ha capito che l'altro non coincideva esattamente col proprio ideale di perfezione, tutte relazioni basate sulla malsana idea che ci siamo scelti l'unica e sola persona capace di stare bene con noi e che non ce ne saranno altre migliori.
Niente da dire se è una ricerca interiore fatta con onestà, la ricerca del proprio perfezionamento umano può essere una cosa sana se si basa su valori universalmente riconosciuti come "buoni" niente di strano se mi impegno per tutta la vita affinché io possa diventare un altruista perfetto a patto di riuscire a tenere ben in mente che sarà un obiettivo che non potrò mai raggiungere pienamente tanto che fino all'ultimo sentirò il rammarico di non avere fatto abbastanza.
Dobbiamo pretendere il meglio dalla vita, ci mancherebbe, non c'è cosa più triste che svegliarsi una mattina con l'idea che avremmo potuto ottenere di più, scoprire che potevamo dare il nostro amore a una persona che ci avrebbe capiti e amati di più ma adesso è la madre dei nostri figli sappiamo che forse almeno loro meritavano di più ma è sempre meglio di una separazione fatta per egoismo e allora pazienza, si tira avanti.
Credo che la soluzione sia quella di saper prendere coscienza che il meglio non sarà mai il massimo ma va bene lo stesso lo si accetta e si lotta soltanto per ottenere le cose meno sbagliate per la nostra vita e per quello che siamo; è pur sempre necessario iniziare da qualche parte altrimenti non saremo capaci di costruire mai nulla, come dice una bella canzone: costruire è sapere rinunciare alla perfezione.
Non si tratta di accontentarsi, ma di sentire nel proprio intimo che ciò che si ha già o che è alla nostra portata è proprio quello che ci serve e quello che può farci felici se solo noi imparassimo ad essere umili, l'umiltà di chi si riconosce imperfetto e che non può pretendere dalla vita la perfezione.
In quella bella trasposizione animata da Walt Disney del romanzo di Lewis, Alice chiede alla serratura di farla uscire dal paese delle meraviglie e la risposta che più la stupirà sarà quella di essere già fuori! Alice ha già quello che chiede perchè ciò da cui sta scappando sono soltanto dei brutti pensieri generati dalla sua mente durante un brutto sogno.



- Ti prego la regina di cuori vuole tagliarmi la testa,  devo uscire fuori!
- Ma sei già fuori, guarda tu stessa.
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mercoledì 23 gennaio 2008

OLPC

Un portatile per ogni bambino. C'è un signore in America, un professore universitario che un paio di anni fa ha avuto un'idea folle: informatizzare l'Africa e in particolare tutti i bambini che hanno già un minimo accesso all'istruzione per fornire loro un mezzo moderno di apprendimento come un PC portatile soprattutto in zone rurali in cui non arriva neanche la corrente elettrica. E' un'idea folle se questo fosse tecnicamente impossibile e invece la tecnologia si è evoluta al punto da permettere lo sviluppo di uno strumento simile e soprattutto a bassissimo costo, così ha progettato l'OLPC ovvero "One Laptop per Child"
Il problema sono le multinazionali che come al solito cercano vergognosamente di speculare anche su un progetto di un così alto valore umanitario per cui il professor Nicholas Negroponte non si è dovuto preoccupare solamente di progettare una macchina che fosse semplice da utilizzare, sufficientemente robusta per stare in ambienti rurali e nelle mani di un bambino, ma soprattutto contattare aziende disposte ad avere margini di guadagno così bassi da tenere il costo complessivo intorno ai 100$ che è pur sempre una cifra al di fuori della portata di quella gente, ma sicuramente alla portata dei governi che ne faranno richiesta o di associazioni umanitarie no-profit.
Da qualche mese i primi OLPC sono stati distribuiti, i risultati sono esaltanti, in alcune zone il tasso di scolarizzazione si è più che raddoppiato e in tutto il mondo sono già stati prenotati oltre 3.000.000 di pezzi. Altro fatto interessante sono le gare di solidarietà che si sono innescate, c'è stata una catena di informatica statunitense che lanciava l'offerta di un OLPC a 200$ che in un paese occidentale è una cifra proporzionata al prodotto che è pur sempre un PC a tutti gli effetti ma 100$ venivano dati in beneficenza per acquistare un secondo OLPC da donare a un paese del terzo mondo. Ed è di due giorni fa la notizia che il governo italiano ha deciso di donare 500.000 OLPC all'Etiopia. Visto il successo adesso tutti cercano di entrare nel carro del vincitore e qualunque azienda informatica adesso vorrebbe collaborare per avere un ruolo nel progetto anche solo per un ritorno di immagine, come la Microsoft che prima aveva negato il supporto mentre adesso chiede a Negroponte di produrre una versione con Windows XP. Ma il successo si è esteso anche ai paesi occidentalizzati, un prodotto del genere interessa anche da noi, per cui si è iniziato a mettere in commercio PC ultra-portatili a basso costo come la Asus col l'EeePC da 300€ che è un compromesso fra l'OLPC e un portatile di fascia bassa, l'ideale per tutti quelli a cui non servono chissà quali prestazioni e usano il PC per navigare o scaricare la posta. Se altre aziende la seguiranno, tutte necessariamente dovranno ritoccare i propri listini a tutto vantaggio dei consumatori e da un'idea tutt'altro che commerciale si è arrivati tanto per cambiare a parlare di profitti.




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martedì 15 gennaio 2008

Dischi di cellule e vermi eleganti

Gli organismi unicellulari come i batteri devono provvedere a compiere tutte le attività necessarie per restare vitali il tempo che basta per replicare se stessi e mantenere così in vita l'intera specie.
Una cellula batterica ha al suo interno tutte le strutture necessarie per nutrirsi, fare le necessarie riparazioni a seguito di un qualche danno causato da qualunque agente esterno e costruire una nuova cellula figlia per divisione. Non è specializzata in nessuno di questi compiti li fa tutti nello stesso momento sebbene in fase di replicazione che è la più complessa, la cellula compie delle trasformazioni significative al punto che sembra specializzarsi per portare a termine questa operazione così delicata.
Ma ad un certo punto le singole cellule hanno dovuto risolvere problemi che sarebbe stato impossibile risolvere se non si fossero organizzate è così che nacquero le prime forme di vita pluricellulari, a questo sarebbe interessante riflette un po' sul concetto di individuo, essere vivente, organismo... tutti termini che non indicano un o essere vivente come farebbe pensare il senso comune ma un insieme di piccole forme di vita che hanno "deciso" di vivere legate fra di loro, letteralmente ma anche funzionalmente, al punto che separandone una da tutte le altre questa non sopravviverebbe.
E cosa possiamo dire di quelle forme di vita come il Dictyostelium discoideum che vivono in forma unicellulare ma che all'occorrenza sanno aggregarsi in una forma pluricellulare, per poi ritornare cellule singole tutte divise le une dalle altre ormai incapaci di interagire.
Comunque sia un pluricellulare è un essere le cui cellule hanno pareti ancorate l'una all'altra e fra le quali può avvenire uno scambio di nutrienti o di qualunque altra sostanza utile ma cosa più importante non tutte saranno equivalenti, del resto era lo scopo per cui si erano unite, per risolvere dei problemi che non avrebbero potuto risolvere da sole, per cui un gruppo di esse deve differenziarsi, specializzarsi a compiere qualcosa per il bene di tutte le altre.
C'è un organismo che è preso a modello nello studio del differenziamento cellulare è un vermicello di appena un millimetro composto nella fase adulta esattamente da 952 cellule e di esse si conosce l'esatta evoluzione a partire dalla prima divisione cellulare.
Si chiama Caenorhabditis elegans e il suo codice genetico è conosciuto in tutta la sua lunghezza da prima ancora del sequenziamento completo del genoma umano. Qualunque pluricellulare nelle primissime fasi della sua esistenza è stato anche per pochissimo tempo un unicellulare ma da quel momento in poi succederanno tre eventi, la cellula iniziale l'ovulo fecondato si replicherà, le cellule figlie di si disporranno in punti ben precisi, determinati gruppi di cellule si differenzieranno dalle altre, ovvero assumeranno delle caratteristiche uniche rispetto alle altre "specie" cellulari, e tutto questo all'interno di un unico involucro che curiosamente è l'unica elemento fisico che ci farà pensare che abbiamo davanti un unico individuo.
Il meccanismo del differenziamento tanto per cambiare è guidato sempre dai geni, lì sta scritto quante cellule devono specializzarsi in tessuto nervoso quante in tessuto muscolare eccetera, pur tuttavia i geni non bastano, in alcuni casi l'evento scatenante è il contatto, l'induzione da contatto è il meccanismo che può dirigere lo sviluppo di un organismo completo come il nostro con centinaia di specie cellulari diverse.
Funziona in un modo molto semplice, sulle pareti cellulari ci sono delle proteine di membrana che sono capaci di contattare dei recettori di membrana sulle cellule adiacenti quando questi contatti raggiungono una certa entità e ciò avviene solo se il tessuto (o foglietto embrionale) raggiunge una certa densità all'interno della cellula si libera un attivatore genico che trasloca nel nucleo e attiva una serie di geni la cui espressione produrrà un differenziamento ovvero da quel momento quella cellula darà vita a una nuova specie cellulare più specializzata.
Nelle fasi successive dello sviluppo l'attivatore può essere anche un ormone rilasciato in circolo e recepito solo da quelle cellule che hanno lo specifico recettore è quello ad esempio che avviene durante lo sviluppo sessuale con gli ormoni della crescita. Più in alto si sale nella scala evolutiva più la vita diventa complessa ma questo non vuol dire che le forme di vita meno evolute sono meno "perfette" soltanto meno complesse ma pur sempre raffinate ed "eleganti" nella loro semplicità.




In questa foto si vedono le cellule che cominciano a muoversi e venendosi in contro disegnano queste strane spirali, il segnale che da il via al processo è la carenza di nutrienti.


Qualche ora dopo inizia l'assemblaggio vero e proprio qui si vedono tutte le varie forme che "l'animaletto" assume, il tutto serve per rilasciare le proprie spore nell'ambiente e procreare.
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mercoledì 9 gennaio 2008

L'operone LAC

I batteri vanno pazzi per lo zucchero, il tipo di zucchero più facilmente reperibile è il glucosio questo vuol dire che tutti i batteri possiedono le "attrezzature" necessarie a metabolizzare il glucosio, a seconda delle reazioni servono non meno di 8 enzimi diversi capaci di trasformare il glucosio in energia. Ma serve tanta energia anche per costruire queste macchine e tenerle efficienti; è un buon investimento, perché questi enzimi in presenza di glucosio catalizzeranno delle reazioni che daranno al batterio molta energia e il bilancio sarà comunque positivo.
E se il glucosio non c'è? Non solo occorre arrangiarsi con tutto quello che si può usare al suo posto c'è ma a questo punto è meglio non produrre più quegli enzimi per il metabolismo del glucosio, sarebbe uno spreco. Magari c'è tanto lattosio in giro, uno zucchero molto simile al glucosio ma che non può essere metabolizzato con gli stessi enzimi.
Per metabolizzare il lattosio occorrono 3 enzimi, le informazioni per produrre questi enzimi sono scritte nel DNA ma in una zona (locus genetico o operone) che è costantemente legata ad un repressore, ovvero una proteina che non permette che queste vengano tradotte in enzimi, è giusto così; non servono e sarebbe uno spreco produrli in assenza di lattosio. Pur tuttavia il batterio produce sempre un'altra proteina sensore che sa legarsi al lattosio e se questo è presente in grandi quantità è capace di cambiare forma. Sotto questa nuova forma la proteina sensore legata al lattosio diventa un attivatore perché è capace di togliere "il blocco" presente in quel punto DNA in cui si trovano le istruzioni per "mangiare" lattosio anziché glucosio. In realtà ho un po' semplificato le cose perché non basta che ci sia molto lattosio, è necessario che manchi anche il glucosio, in presenza di entrambi il batterio preferisce sempre usare il glucosio e come funziona quest'altro meccanismo? Il blocco è compiuto da una proteina che in presenza di molto glucosio cambia forma e si lega ai geni per il lattosio impedendo che vengano letti, per farla breve: Proteina capace di legare il glucosio + glucosio = Blocco dei geni per il metabolismo del lattosio. Proteina capace di legare il lattosio + lattosio = Attivazione dei geni per il metabolismo del lattosio.
Se avvengono questi due eventi contemporaneamente (abbondanza di lattosio e carenza di glucosio) parte la traduzione dell'operone LAC e il batterio acquisisce la capacità di "mangiare" lattosio; sulla parete cellulare aprirà dei canali che faranno entrare il lattosio e questo verrà convertito in energia dagli enzimi specifici.
Ma questo stato di cose è reversibile, basta che il glucosio ritorna a una concentrazione tale da legarsi a repressore che questo ritornerà a bloccare l'operone LAC e la cellula non avrà più i mezzi per nutrirsi con il lattosio. E tutto questo avviene all'interno di uno dei tanti miliardi di insignificanti batteri che popolano l'ambiente in cui viviamo.
Se stavi navigando alla ricerca di informazioni sulla regolazione dell'operone Lac e sei finito qui ti chiedo scusa per le approssimazioni! Ti posso aiutare: vai a leggerti l'articolo su wikipedia.
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lunedì 7 gennaio 2008

Animalisti sentimentalisti

La complessità della vita a livelli sub-microscopici ha del miracoloso. Chi ha avuto la possibilità di leggere un testo di genetica che sappia mantenere un linguaggio comprensibile anche ai non addetti si è potuto accorgere di come la vita a quel livello sia efficiente e capace trovare delle soluzioni raffinatissime a problemi fondamentali come la produzione dell'energia necessaria o la riproduzione di una intera cellula, tutti processi talmente ben conosciuti da risultare perfino banali a chi li studia da sempre, pur tuttavia trovo auspicabile che alcuni di essi si specializzino nel campo della divulgazione non solo per suscitare stupore o per il pur nobile obiettivo di innalzare il livello medio di conoscenza scientifica ma anche perché queste conoscenze potrebbero indurre nella gente una sensibilità e un rispetto più alto e più consapevole per la natura in generale e per tutte le creature in particolare perfino quelle invisibili come i batteri.
Tutti gli organismi viventi sono affascinanti ma noi preferiamo sempre soffermarci su quelli che siamo capaci di vedere; a patto che la vista non ci provochi ribrezzo, poi se sono animali che possiamo nutrire ospitare nelle nostre case, accarezzare, soffermarci su comportamenti che ci fanno pensare che stanno gradendo le nostre attenzioni, allora siamo tutti animalisti e sappiamo facilmente scaldarci quando sentiamo di animali domestici che vengono maltrattati o abbandonati per strada. Ma bisognerebbe chiedersi perché tante attenzioni e tanto affetto per gli animali, perché sfamare per tutta la vita un cane o un gatto e non uno scarafaggio o uno scorpione, per il "ruolo sociale", perché ai cani/gatti attribuiamo un ruolo e agli scorpioni no? Perché cani e gatti hanno un aspetto antropomorfo, due occhi un naso e una bocca messe "al posto giusto" e gli scarafaggi no? Proprio così se ci riflettiamo un po' quasi tutti i sentimenti anche quelli più nobili poggiano le loro motivazioni su degli ideali tutt'altro che profondi come può essere l'aspetto fisico o la capacità che hanno questi animali di ricambiare il nostro affetto, almeno dal nostro punto di vista.
In realtà tutti gli animali andrebbero amati per quello che solo delle creature viventi, che hanno le stesse nostre esigenze, nutrirsi, riprodursi, a volte prendersi cura della prole e sicuramente soffrire il meno possibile, basterebbe questo per renderci solidali con tutti gli esseri viventi eppure a noi non basta e viviamo di sentimenti spesso vuoti e molto limitati.

Divinità

I cuccioli di tutte le specie hanno un aspetto che induce tenerezza, la fronte sporgente gli occhi grandi a volte un viso paffuto, ma anche questa ha una funzione ben precisa è un modo per dire ai predatori: sono piccolo e indifeso, non mangiarmi!
Il fatto che questo vitellino si sia già trasformato in diverse succose bistecche vuol dire che è un trucchetto che sugli uomini non ha un grande effetto.
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mercoledì 2 gennaio 2008

God save the queen

A scacchi ognuno ha il suo pezzo preferito c'è chi ama fare le prime mosse coi cavalli e spera di danneggiare l'avversario il più possibile sempre con gli stessi, c'è chi usa molto gli alfieri e li sa usare così bene che anche soltanto con quelli è capace di dare scacco matto e così via ogni giocatore ha un debole per un certo pezzo e va a finire che muovendo sempre quello impara ad usarlo nel modo migliore ed elabora le strategie migliori per vincere servendosi di quel pezzo.
Pur tuttavia la regina resta il pezzo più importante e nessuno, pur avendo delle preferenze su altri, può dire di essere capace di giocare anche dopo averla persa come se non fosse successo nulla, forse per qualcuno è più sacrificabile che per altri ma in tutti i casi avere la regina o non averla non è mai una cosa che lascia indifferenti. Se ci si rende conto che l'avversario è particolarmente legato ad essa allora si può tentare di danneggiarlo facendo uno scambio basta mangiare la sua regina con la propria quando meno se lo aspetta, lui mangerà la tua ma sicuramente gli sarà preso un bel colpo e sarà così demoralizzato che nelle mosse seguenti farà probabilmente qualche errore grossolano che gli farà perdere altri pezzi.
La regina è il pezzo più potente, quello che ha maggiori possibilità di movimento ed è una sicurezza sapere di averla ancora, anche se non si muoverà mai durante la partita perché resterà sempre lì fedelmente a fianco al re ed è per questo motivo che forse l'avversario la punterà prima ancora di puntare il re. Se si dispongono sulla scacchiera tutti i pezzi così bene che subire scacco matto è impossibile, il nemico è costretto a rivolgere i suoi attacchi alla regina per indebolirci ma a questo punto devono fare la loro parte tutti gli altri pezzi che contrasteranno gli attacchi a salvaguardia della regina.
"Dio salvi la regina" nell'impero britannico doveva essere un'idea tanto radicata che fu messa a titolo dell'inno nazionale, si sa: se cade la regina è l'inizio della fine e le parole con cui l'autore si rivolge alla regina non sono poi tanto lontane da quelle con cui i testi sacri si rivolgono a Dio.
Mi sono chiesto chi fosse la mia regina, quale sia la cosa più preziosa che ho e che non permetterò mai a nessuno e in nessun modo che mi venga tolta.
La mia regina è la serenità interiore, il mio equilibrio su cui poggia anche la mia dose quotidiana di felicità, quella cosa che mi da la capacità di prendere sonno pochissimo tempo dopo essermi messo a letto, ciò che mi permette di rimanere concentrato nel mio lavoro quando è indispensabile che io non faccia errori, quella cosa che mi rende paziente e mi da talmente tanto da poter donare un po' della mia gioia di vivere e di benevolenza anche a quelli che non si meriterebbero proprio nulla.
Nel momento il cui ho capito che c'è qualche situazione che minaccia la mia serenità e che obiettivamente comincia a rendermi infelice, mi fa paura la determinazione con cui riesco a prendere decisioni tanto importanti in brevissimo tempo che in altri contesti avrei meditato molto di più, decisioni tanto drastiche ma ai miei occhi tanto necessarie per salvare la mia regina.
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