martedì 23 ottobre 2007

Cento volte in un anno

Ho appena cliccato per la centesima volta sulla voce "Nuovo post"! Non so dirti di preciso cosa voglia dire e perché continuo a farlo, del resto è lo stesso interrogativo che mi ponevo la prima volta che scrivevo, succedeva più o meno l'anno scorso e davvero non è cambiato nulla.
Perché decido di scrivere quello che penso? A chi mi rivolgo? Che sia una rivincita nei confronti di tutte le persone che non mi danno nessuna occasione di esprimere ciò che sento? Una risposta alla cattiveria e all'insensibilità di chi non è capace di fare una proposta del tipo: sediamoci un po' accanto, ti ascolto. Comunque se la prima volta scrivevo solo per chiedermi che senso avesse questo blog adesso lo faccio soltanto ringraziare te e quanti hanno avuto la voglia di passare da queste parti per la pazienza di leggere; a tutti quelli che hanno lasciato i loro commenti ma anche a tutti quelli che non l'hanno mai fatto: grazie di cuore! Nei giorni a venire farò un bel viaggio andrò in un piccolo villaggio dell'India starò via per poco più di un mese, vorrei tanto scrivere le mie impressioni anche da lì ma non so se ne avrò la possibilità di sicuro appena tornerò sentirò il bisogno di parlartene, a presto!


lunedì 22 ottobre 2007

Bandiera bianca

In una partita a scacchi la fase finale è sempre la più difficile a prescindere dalla posizione in cui ci si trova, lo è sia per il giocatore che ha la vittoria in pugno sia per chi ha il difficile compito di evitare la sconfitta.
Chi è in vantaggio infatti si trova ad avere l'arduo impegno di fare le mosse migliori per mettere con le spalle al muro l'avversario e dare lo scacco matto, se la superiorità di pezzi e di posizione non è così marcata le cose si possono facilmente complicare al minimo errore e una partita che si sentiva in pugno può subire un ribaltamento a causa della perdita anche di un solo pezzo.
Di contro chi è in svantaggio anche se è pur vero che non ha nulla da perdere perchè potenzialmente ha già perso in quanto si trova in una condizione di sudditanza ed è inevitabile che non fa più un gioco di attacco ma di difesa, nonostante ciò, sente che anche il minimo errore può innescare una serie di mosse che lo portano allo scacco matto. Riguardo a questo c'è un giochino che si trova a volte inserito nelle pagine enigmistiche di qualche rivista o quotidiano, ci sta disegnata una scacchiera con i vari pezzi e in alto una frase che di solito fa così: "Il bianco muove, matto in 3 mosse" ciò vuol dire che qualunque mossa fa il nero, se il bianco fa le 3 mosse giuste ha vinto la partita. E' questa la situazione che crea quella tensione da fine partita, da un lato c'è il nero deve evitare di cacciarsi in un tunnel senza uscita e dall'altro il bianco che deve "indovinare" le giuste mosse per costringere il nero in un ideale vicolo cieco.
Se chi è in svantaggio vuole evitarsi questa piccola agonia ma dimostrando così di non avere oltre che coraggio neanche rispetto per l'avversario può scegliere la resa, da una lieve spintarella al suo re e questo cade, il gesto che sancisce la fine della partita. E' una mossa scorretta almeno io l'ho sempre considerata così per tanti motivi; perchè non si da la possibilità al giocatore in vantaggio la soddisfazione della vittoria meritata e come se non si volesse riconoscere il suo vantaggio. La resa è un gesto da codardi ma anche da arroganti, è come dire a chi è in vantaggio: te la do vinta perchè non ho più nessuna intenzione di vederti dominare la scacchiera ma ti assicuro che se mi impegnassi potrei metterti in difficoltà. E' lo stesso sentimento che spinge un dittatore sconfitto al suicidio l'azione che compie chi non ha più la voglia o le energie per lottare.
Un po' più nobile ma altrettanto scorretta è lo scegliere di perdere i tutti i pezzi volutamente e restare soltanto col re, per chi è in vantaggio sicuramente è un comportamento che innervosisce, però almeno ha un senso non è solo un modo per accorciare la durata della partita ma può essere un buon sistema per puntare alla patta per stallo, ovvero quella situazione in cui un re non ha più la possibilità di muoversi perché andrebbe sotto scacco, e per chi pensava di avere già vinto un pareggio vale quanto una sconfitta.
In altre situazioni alzare la bandiera bianca può essere un gesto di umiltà un modo per dire: io mi arrendo, non scappo ma ti voglio dire con tutto il cuore che non sono capace di riuscire a compiere questa cosa e ho deciso di mettermi da parte. Si sa, le sconfitte bruciano pur tuttavia la sconfitta può essere una buona opportunità per dimostrare la propria nobiltà d'animo.
La bandiera bianca che si usa per indicare la resa deve avere un significato, forse il bianco è il colore di chi non ha più niente da dire; quella neutralità che indica all'avversario che può bastare così che non si ha più niente da dirgli. Un po' come alzare le mani in segno di resa è lo stesso messaggio come dire: non sto usando più alcun arma quindi non solo sono vulnerabile alle tue armi ma non sono più nelle condizioni di attaccarti. Tutte le volte che mi sento sconfitto davanti ad una situazione, è dura da accettare, però col tempo anziché fuggire si può imparare anche a dare dimostrazione di rispetto e comprensione.





domenica 21 ottobre 2007

REM - Le prove del sogno

Negli ultimi cento anni si sono fatti grandi passi avanti nella conoscenza della fisiologia delle cellule nervose e oramai c'è poco da scoprire su come una cellula nervosa comunica con tutte le altre. L'assone di calamaro gigante (chi l'ha mai visto un calamaro gigante? Eppure ogni libro di fisiologia riporta questi esperimenti, mah... che sia un solo calamaro gigante che si è fatto il giro dei vari laboratori, da morto? Chissà che odore!?!) è stato prediletto per lo studio della conduzione nervosa, grazie agli elettroliti disciolti nella circolazione sanguigna le cellule regolano il loro transito attraverso le loro pareti semipermeabili, un flusso di ioni Sodio si accoppia a un flusso contrario di ioni Potassio il risultato è una depolarizzazione della membrana cellulare che al pari di una piccolissima scarica elettrica transita alla cellula adiacente attraverso delle propaggini chiamate assoni.
Il cervello non è altro che un immenso ammasso di cellule nervose e pur conoscendo i meccanismi di base del loro funzionamento esso rimane l'oggetto più misterioso dell'intero universo, questo perché è difficile spiegare fenomeni come la memoria, i sentimenti o la coscienza del sé, sapendo che alla base di tutto c'è una cosa così semplice come l'impulso nervoso.
A dire il vero anche in questo senso sono stati fatti passi da gigante, la memoria ad esempio si sa che si forma quando un percorso sinaptico viene usato più di frequente e questo produce delle connessioni più efficienti, per cui bisogna pensare il cervello come un ammasso di cellule molto dinamiche che in funzione degli stimoli che ricevono producono nuove connessioni e ne disfanno altre.
Poi si può anche creare una mappa delle zone che si attivano in base a ciò che il cervello sta facendo per cui si parla di una corteccia visiva, uditiva, eccetera; anche se proprio grazie alla plasticità una mappa del genere subisce delle grandi variazioni col tempo, si è visto ad esempio che in chi ha avuto un danno in uno degli organi di senso, il cervello si rimodellerà in funzione di questo danno, per cui in un cieco la corteccia visiva sarà via via meno sviluppata e il suo volume sarà invaso ad esempio dalla corteccia uditiva.
Un altro meccanismo che si conosce bene è quello del riflesso condizionato facendo precedere un evento da un certo stimolo sensoriale il cervello dopo un po' al percepire di quello stimolo si preparerà all'evento accoppiato ad esso.
Ma c'è ancora tantissimo da fare; funzioni evolute tipiche del cervello umano e di pochissime altre specie sono ancora poco note, la coscienza del sé ovvero la capacità di riconoscersi come individui distinti e separati, l'idea dell'Io in altre parole, ancora non si capisce bene in che modo possa generarsi e perché è prerogativa soltanto dell'uomo, del delfino e dello scimpanzé che guarda caso sono notoriamente gli animali più intelligenti rispetto a tutti gli altri.
Un altro grande punto interrogativo sono i sogni, che siano stati fatti dei passi avanti sulla loro interpretazione non vuol dire che sappiamo bene a che servono e perché il cervello spreca così tante energie per compierli.
Si è visto ad esempio che se qualcuno viene svegliato appena prima di sognare quando poi lo si lascia dormire le fasi del sogno sono molto più lunghe del normale, come se l'organismo avesse bisogno di recuperare.
Il sonno può essere facilmente suddiviso in varie fasi e durante la fase in cui avvengono i sogni succedono delle cose piuttosto curiose, tanto per cominciare si attiva un sistema che paralizza la muscolatura scheletrica al fine di impedire movimenti potenzialmente dannosi (ed è ciò che nei sonnambuli funziona male) mentre i muscoli del bulbo oculare cominciano a funzionare e questo fa muovere freneticamente gli occhi anche sotto le palpebre chiuse: la così detta fase R.E.M. (rapid eyes movement)... per cui se si vuole conoscere il momento esatto in cui una persona sta sognando basta avvicinarsi appena e osservare le palpebre.
Qualcuno ha avuto la presunzione di trovare dei significati più profondi, più o meno discutibili, però ancora nessuno è stato in grado di dire con certezza a cosa serve sognare almeno soltanto dal punto di vista fisiologico. C'è chi ipotizza che il cervello è una macchina così complessa che ha la necessità di rimanere sempre il funzione anche quando il corpo riposa, altrimenti come nel caso del coma potrebbe subire dei danni: falso. Ad esempio durante la meditazione si possono indurre con delle tecniche relativamente semplici degli stati di profonda quiete riscontrabili con un elettroencefalogramma (con cui si misurano le onde cerebrali) simile agli stati di coma eppure i meditanti ne escono illesi, anzi chi pratica con assiduità ne ricava anche molti altri benefici .
Comunque sia chi sogna se ricorda ciò che ha sognato parla spesso di esperienze intense vissute in prima persona come se avesse vissuto una seconda vita cominciata quando la sera prima chiudeva gli occhi e finita la mattina appena li ha aperti.




venerdì 19 ottobre 2007

U2 - Volare alto

Sul finire degli anni '50 la guerra fredda e nella fattispecie la corsa a sviluppare armi sempre più potenti ed efficienti cominciava ad avere dei risvolti degni delle migliori menti paranoiche. Gli Usa sapendo della tecnologia atomica URSS avevano l'assoluta necessità di conoscere se e in che modo potevano subire un attacco atomico, informazioni necessarie da un lato per elaborare piani di emergenza in grado di mettere al sicuro i centri nevralgici del comando militare e politico (tutt'ora attivi come il Norad o l'Air Force One) dall'altro per mettere a punto strumenti di spionaggio sempre più sofisticati e, in tempi in cui i satelliti spia erano ancora delle idee irrealizzabili, il modo migliore per spiare erano sicuramente gli agenti segreti e gli aerei spia.
Le caratteristiche più ovvie che deve avere un aereo spia sono la capacità di fotografare/registrare qualsiasi dato significativo sul suolo nemico e possibilmente non essere abbattuto o scoperto. Per fare questo si possono percorrere due vie: fare un aereo capace di volare così in alto oppure così veloce da essere invulnerabile all'intercettazione e all'abbattimento.
L'U2 è l'apparecchio dell'USAF che in quegli anni svolse egregiamente il compito di portare un pilota ad una quota mai raggiunta fino ad allora e riportarlo sano e salvo assieme ai preziosi dati catturati sul territorio nemico.
Il problema tecnico è che ad altissime quote l'aria è così rarefatta che causa due inconvenienti: una ridotta efficienza del profilo alare che non è capace di produrre una spinta portante sufficiente causando lo stallo anche ad alte velocità e in secondo luogo una ridotta propulsione dei motori che per funzionare hanno bisogno di bruciare, come tutti i motori a scoppio, una miscela di carburante e ossigeno e alle quote raggiunte dall'U2, superiori ai 27 km l'ossigeno è un centesimo di quello presente al suolo.
L'U2 risolve egregiamente entrambi i problemi adottando un ala lunga senza freccia simile a quella di un aliante e adottando un motore che a quelle altezze attiva un sistema di compressione del flusso d'entrata che minimizza l'effetto della quota. Paradossalmente l'unica cosa di cui si doveva preoccupare il pilota era di non stare producendo una scia di condensazione tipica delle giornate fredde e umide, così di tanto in tanto dava un occhiata negli specchietti retrovisori montati appositamente per tale scopo, sarebbe stato il colmo che proprio un'aereo progettato per non essere visto sporcava il cielo con una vistosa scia bianca!
Dapprima l'Urss a causa della sua inferiorità tecnologica non ebbe neanche il sospetto di essere spiata per il semplice fatto che non aveva nessuno strumento in grado di rilevare un apparecchio a quelle quote. Ma le cose cambiarono presto e negli anni successivi fu in grado di rilevare e intercettare gli U2 ma non ancora di abbatterli in quanto gli intercettori più potenti i Mig-25 non riuscivano comunque a raggiungerlo neanche con le loro armi. Neanche a dirlo tutto ciò fece salire la tensione fra le due superpotenze; nel '59 il presidente russo intimò che le ricognizioni spia cessassero immediatamente, questo innescò un deterioramento dei rapporti che culminò nel '62 con la grave crisi diplomatica legata al dispiegamento di testate atomiche russe sul suolo cubano.
L'U2 fu una pietra miliare dell'aviazione; il primo aereo in grado di volare nella alta stratosfera che si pensava fosse già oltre il limite raggiungibile. Politicamente fu considerato lo strumento che gioco un ruolo cruciale durante tutta la guerra fredda. Entrambe le superpotenze stavano elaborando armi atomiche con l'intento di sferrare un attacco definitivo all'avversario, ma la consapevolezza che avevano i russi di essere controllati anche se creò tensione ridusse sicuramente lo sviluppo degli strumenti offensivi in favore di sistemi difensivi e di controspionaggio. Per di più la grave crisi del '62 anche se fece seriamente temere l'inizio delle ostilità, mise davanti agli occhi dei due presidenti e del mondo intero lo scenario sconfortante di un pianeta sconvolto da un olocausto atomico che non avrebbe fatto alcun vincitore e questo sicuramente servì da deterrente contro lo scellerato piano di attacco atomico su vasta scala.
Volare in alto può servire a due cose, umiliare una persona che mi ha ferito, un modo cattivo per dirle: - Sono così superiore a te che neanche mi vedi, ma io vedo te nella tua piccolezza e meschinità. E come i russi non l'hanno presa bene a stare fisicamente sotto gli americani che gli scattavano delle foto dall'alto, subire un comportamento simile non deve essere piacevole neanche nelle relazioni personali.
Ma può vuole dire anche prendere le distanze da un problema che mi assilla, mettendomi in un punto di vista privilegiato quel problema che mi sembrava enorme adesso assume un aspetto diverso, si è ridimensionato diventando quasi insignificante.





mercoledì 17 ottobre 2007

Sul Vangelo di Mc 11, 24



Si sciolgono i dubbi ad ogni respiro,

vanno via le idee:

c'è altro da fare,


hai altro da fare.


Quello che non t'ho mai chiesto

qui ed ora

io ti chiederò.

Mi ascolti:

mi esaudisci. (*)





(*)
Quella vecchietta cieca, che incontrai
la notte che me spersi in mezzo ar bosco,
me disse: - Se la strada nun la sai,
te ciaccompagno io, ché la conosco.
Se ciai la forza de venimme appresso,
de tanto in tanto te darò 'na voce,
fino là in fonno, dove c'è un cipresso,
fino là in cima, dove c'è la Croce…
Io risposi: - Sarà … ma trovo strano
che me possa guidà chi nun ce vede …
La cieca allora me pijò la mano e sospirò:
- Cammina!

Era la Fede.

(Trilussa)
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lunedì 15 ottobre 2007

Il momento di agire

Cosa fanno milioni di persone quanto sentono che c'è qualcosa che non va? Tanto per cominciare cercano di dirlo alla restante parte dell'umanità.
Qual'è il mezzo di comunicazione più libero e dinamico che esiste in questo periodo? Internet. Qual è lo strumento più semplice per esprimere le proprie idee e comunicare tutto ciò che si vuole senza censure o controlli di alcun tipo? Il blog!
E' il momento di agire. Sul tema dell'ambiente e dei cambiamenti climatici non è rimasto molto da dire, solo qualche conferenza per selezionare le migliori proposte e far avvenire al più presto una inversione di rotta, nient'altro che questo.
Qualche mese fa scrivevo che le conseguenze dell'inquinamento, la più grave è il riscaldamento globale sono sotto gli occhi di tutti e chi lo nega è solo qualche "studioso" corrotto dalle solite lobby che non ci guadagna nulla a far cambiare le cose. Le conseguenze sono imprevedibili perchè l'ambiente in cui ci troviamo è stato dimostrato che si comporta come un immenso organismo vivente per cui se una parte di esso subisce un'offesa questa si ripercuote su tutto il sistema.
La buona notizia è che sappiamo cosa sta facendo del male al pianeta, questo vuol dire che la cura è semplice, la cattiva è che fin'ora i governi non hanno dimostrato questo grande interesse a mettere in atto questa cura.
Oggi chi cura un blog è stato invitato a parlare di tematiche ambientali, penso che parlare di un problema sia il primo piccolissimo passo per trovarne la soluzione.




mercoledì 10 ottobre 2007

Impermanenza

Tanto è falso che cose e fenomeni saranno uguali a se stessi per un tempo infinito quanto è vero il contrario, ovvero niente dura per sempre e sempre allo stesso modo, questo vuol dire che se proprio non smette di esistere se non altro si trasforma in qualcos'altro.
L'impermanenza si porta dietro un alone di tristezza, i più la vivono come un'ingiustizia che ogni cosa anche la più bella prima o poi ha una fine. Un seme conservato in un posto che lo protegge rimane uguale a se stesso anche per molto tempo, ma c'è poco da fare arriverà il giorno che ciò che lo contiene si romperà e cadrà sulla terra e allora il seme forse non scomparirà in senso letterale, ma smetterà di essere un seme perché si sarà trasformato o in un germoglio oppure sarà ammuffito, si sarà decomposto e le sue sostanze si libereranno nel suolo.
Non c'è niente di triste se pensiamo che l'avvicendarsi di nuovi individui sui vecchi è un requisito indispensabile dell'evoluzione, se così non fosse ogni specie sarebbe ferma alle prime fasi della sua esistenza.
E non c'è motivo di provare rammarico se non siamo riusciti a mantenere in vita anche le amicizie più sincere. Quando penso a tutte le persone a cui ho voluto bene e adesso non ho più la possibilità di dimostrarlo ecco che affiora quel velo di malinconia, ma non ho niente di cui rimproverarmi ho dato il massimo quando potevo e questo mi basta. D'altro canto non ho mai pensato che fosse opportuno tenere in vita amicizie con persone ormai distanti; inopportuno e anche triste perché è tipico di chi non vuole accettare l'idea che la vita cambia e cambiano le condizioni affinché noi possiamo fare del nostro meglio, come dice Samuele Bersani in una sua famosa canzone "...piccolissimo particolare t'ho perduto senza cattiveria".
Questo non vuol dire che i sentimenti di affetto che ho provato ad esempio per i miei compagni di liceo siano scomparsi del tutto, sento che resta qualcosa dentro che è difficile eliminare completamente, non che sia eterno ad un certo punto andrà via anche questo sottile legame, però c'è qualcosa che mi fa sussultare tutte le volte che mi capita di incontrare un volto noto ed è quella cosa che mi spinge a parlare con gente che non vedo da molti anni come se avessi continuato a frequentarli tutti i giorni come un tempo.
Giorni fa ho visto un bellissimo film di un regista italiano: si chiama Paolo Sorrentino e il film si intitola "Le conseguenze dell'amore", ad un certo punto Sorrentino che è anche lo sceneggiatore fa ragionare il protagonista in un modo a me molto familiare.
Suo fratello gli chiede:

- Te lo ricordi Nino Giuffrè il nostro vicino di casa?
- Certo che me lo ricordo!
- Eravate amici da piccoli no?

- E' il mio migliore amico.
- Ma perchè lo vedi ancora?
- No, non lo vedo e non lo sento da venti anni.
- Bhè allora... allora è un po' arduo definirlo il proprio migliore amico, no?
- E invece lo è!
- Ho capito! E' il tuo amico immaginario, come quello che hanno i bambini? Quello a cui racconti le cose che non racconti a me, le dici nella tua testa, è bello...
- Senti Nino Giuffrè è il mio migliore amico e basta!
Quando si è amici per una volta lo si è per tutta la vita
- Ma che cazzata!
- Va be' comunque ti stavo dicendo, la settimana scorsa ho incontrato la sorella di Nino Giuffrè, lo sai che cosa mi ha detto?
- No, cosa?
- Che non vive più a Salerno, lavora per l'Enel, su una montagna del Trentino Alto Adige, ripara le linee. Sai quando ci sono le tormente e va via la luce... ecco lui si arrampica sui piloni e ripara le linee, pure di notte col vento il freddo e il gelo... (*)


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(*)

" Una cosa sola è certa, io lo so.
Ogni tanto in cima ad un palo della luce
in mezzo a una distesa di neve
contro un vento gelido e tagliente
Nino Giuffrè si ferma,
la malinconia lo aggredisce
e allora si mette a pensare
e pensa che io Titta Di Girolamo
sono il suo migliore amico."
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sabato 6 ottobre 2007

Sempre e per sempre

E' impossibile concepire uno spazio infinito o una grandezza infinita e la situazione non è diversa quando ci riferiamo al tempo. Per questo se vogliamo essere coerenti con noi stessi e totalmente sinceri con gli altri dovremmo cancellare dal nostro vocabolario la parola sempre o per sempre, perchè è inconcepibile che un qualunque evento duri per un tempo infinito e non servono grandi osservazioni per accorgersi che è così.
Del resto basta chiedersi con che criterio attribuiamo un valore alle cose; un'auto è di valore quando non si rompe facilmente quando cioè non subisce il degrado dell'usura, i gioielli sono di valore perchè sono incorruttibili, l'oro ad esempio è uno dei pochi metalli che non subisce nessun tipo di degrado dovuto al tempo. Di riflesso anche le persone quando vogliono fare bella figura si lasciano andare a promesse solenni piene di "per sempre" o di "mai"; forse non è così difficile essere sinceri, già è più onesto dire "fin tanto che sono in vita" e così ho escluso un numero infinito di anni, ma anche su questa formula si potrebbe avere da ridire; come potrei mantenere una simile promessa è ridicolo! E' ridicolo perchè non ho la minima idea degli eventi che potrebbero smentirmi e come potrei mai garantire che una mia azione rimanga uguale a se stessa per un tempo così lungo? Semmai posso promettere che farò il possibile per mantenere sempre uguali i miei propositi, semmai posso confermare che col passare del tempo sono riuscito a non cambiarli, ma una promessa?
Una promessa è una promessa e se non dipende totalmente da noi riuscire a mantenerla allora è più onesto non farla. L'oro non si ossida come gli altri metalli non si annerisce e non occorre pulirlo, un monile d'oro sembra restare uguale a se stesso anche per migliaia di anni eppure neanche quello dura per sempre, semplicemente dura fin tanto che non si verificano delle condizioni capaci di trasformarlo in qualcos'altro, dura fin tanto che persistono le condizioni che gli permettono di stare sotto quella forma, ma nessuno può dire quando queste muteranno.

Secondo De Gregori
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venerdì 5 ottobre 2007

1 + 1 + 1 + 1 + . . . . .

Una goccia di sangue (diciamo 25 microlitri per essere precisi) contiene oltre 12.000.000.000 di globuli rossi, circa 4.750.000 piastrine e non meno di 150.000 globuli bianchi, sono numeri infiniti? Certamente no, sono numeri enormi ancor più se vogliamo farci un'idea di cosa contengono i 6 litri di sangue ( = moltiplicare il tutto per 160.000) che ci scorrono nelle vene, ma non certo infiniti. Eppure se do retta un matematico quello mi dice che può calcolare quante cellule ci sono in una goccia di sangue con un integrale ovvero divide quella quantità un numero "infinito" di volte.
Siamo degli infiniti! Nel senso che siamo composti da un numero infinito di parti, perchè infinito? Perché non saremmo mai capaci di quantificarlo con precisione, un po' come le stelle del cielo. Forse infinito perchè tutte le volte che utilizziamo uno strumento più potente otteniamo un numero sempre più grande. Le strade verso l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande stranamente sembrano seguire le stesse dinamiche. Alcuni uomini volevano sapere di cosa sono fatti, allora guardarono al microscopio ottico una goccia del loro sangue e scoprono che contiene un numero enorme di piccole cose le chiamo "piccole celle". Si ma cosa contengono queste piccole celle? Adesso usano un microscopio molto più potente, a scansione elettronica, dentro le cellule c'è un numero enorme di strane strutture e altri piccoli organelli ma anche strani filamenti, proteine e tutta una serie di membrane a doppio strato. Sono molecole, gruppi di atomi legati fra loro con una struttura ben precisa. Atomo: ovvero una cosa che non si può dividere, allora siamo arrivati giusto? Sbagliato, fanno scontrare un atomo contro un altro che succede? Si rompono e vengono fuori una infinità di particelle che chiamano sub-atomiche.
E una cosa simile è avvenuta e sta avvenendo nell'osservazione del cosmo si è cominciato con un piccolo cannocchiale e tutte le volte che si mette a punto un mezzo di osservazione più potente si scopre che lo spazio che ci circonda è sempre più grande e complesso di quello che si pensava.
Siamo degli infiniti perché fatti da un numero infinito di parti, che si muovono in uno spazio infinito perché riesce a contenere un numero infinito di cose.


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martedì 2 ottobre 2007

Ci sono idee inconcepibili, forse non nel senso letterale; tutte le idee possono essere concepite però alcune quando cominciano a farsi strada e a diventare sempre meno sottili lasciano un senso di inadeguatezza tipico di quando si avverte che in realtà c'è qualcosa che non quadra, una di queste è l'idea di infinito. Per carità chissà quanti filosofi ne hanno parlato per non dire che hanno dedicato la loro intera esistenza a questo tema e quanti matematici sono rimasti appagati dalle loro definizioni con le quali hanno cercato di far quadrare di incasellare l'infinito in uno schema mentale facilmente assimilabile ma a rifletterci su non credo che dopo averlo fatto si siano sentiti "la coscienza a posto". Chissà se qualcuno di loro abbia pensato: per un po' nessuno farà altre domande ma tanto lo so anch'io che mi sfugge qualcosa.
In realtà quando si parla di infinito quando ad una certa categoria gli si attribuisce questa caratteristica è inevitabile che "qualcosa vada storto" e sorgono tutta una serie di paradossi su cui a questo punto c'è poco da dire, il problema semmai è accettare il fatto che c'è un concetto che va oltra la nostra comprensione. In alcuni casi l'infinito è una necessità, penso all'estensione dell'universo, come si fa a pensare ad un limite un confine dello spazio oltre il quale "non c'è spazio" a questo punto tra scegliere di spiegare il nulla vuoto e un continuo senza limiti tra i due mali...
Eppure ci sono calcoli matematici che fanno uso dell'infinito più precisamente del calcolo infinitesimale come ad esempio la misura di un'area sottesa a una curva, l'integrale ha messo sempre in crisi il mio ragionamento, perché è troppo difficile per me accettare l'idea che sommando un numero infinito di addendi si ottenga una quantità finita, c'è qualcosa che non quadra, come tutte le volte in cui ci si riferisce a una quantità infinità. Per quanto piccoli siano questi addendi se ne ho un numero infinito alla fine il risultato sarà un infinito. 10 elevato alla -30 ovvero "0,0000..." seguito da trenta zeri e 1 per quanto piccolo, se sommo ad esso numeri altrettanto piccoli ma per infinite volte a occhio e croce per logica dovrei ottenere un numero "astronomico" anzi infinito, queste sono le conclusioni a cui arriva la logia ma non quelle a cui arriva la matematica perché il calcolo di un integrale è sempre un numero finito.
Il calcolo infinitesimale che considera una quantità finita come la somma di infinite parti di grandezza infinitesimale mi fa riflettere su tutte quelle cose formate da unità di dimensioni infinitesimali, o quegli eventi che avvengono grazie al contributo di un numero infinito di piccolissime cause.



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