giovedì 15 febbraio 2007

La biomassa

Tutto ciò che può produrre calore è anche fonte di energia elettrica. Se uso il legno cresciuto nei nostri giorni come combustibile per produrre corrente, potrebbe sembrare uno spreco di un materiale che può essere più utile in altri impiegni più nobili e per di più potremmo pensare di stare facendo un torto all'ambiente.
Non è così. Le piante per crescere sottraggono CO2 dall'atmosfera e quando le bruciamo restituiscono durante la combustione quella che hanno preso durante la crescita, forse non miglioriamo la situazione ma neanche la peggioriamo.
Solo quando bruciamo i combustibili fossili immettiamo in aria della CO2 che era stata sottratta dalle piante milioni d'anni fa. Ovviamente non si parla di tagliare gli alberi che già ci sono, ma piantarne di nuovi per lo scopo. Fra l'altro rimboschire l'ambiente vuol dire installare delle macchine che ossigenano l'atmosfera e riducono l'effetto serra ed è assurdo pensare di disboscare solo per fare energia elettrica, ma se si trova un modo per coltivare una pianta che cresce rapidamente senza particolari cure in un ambiente fertile la massa di legname e foglie che produce sarà così abbondante da finire per poter alimentare con costanza una centrale termoelettrica come le tante che attualmente vanno a petrolio, senza neanche la necessità di particolari riadattamenti tecnici troppo costosi.
Ci sono riusciti in Finlandia, l'abbondanza di terreno e precipitazioni crea le condizioni ideali per la coltivazione di una pianta a crescita molto rapida, il salice. Ci sono grosse aziende agricole che hanno convertito le loro coltivazioni di ortagi in coltivazioni di salici, questi verranno tagliati quando raggiungono una buona misura e venduti a una centrale elettrica le cui caldaie sono alimentate coi trucioli fatti con tronchi, foglie e radici di salice. Queste spesso aggiungono i rifiuti cittadini, per lo più cartacei, così come i resti delle segherie e tutto quello che di organico viene scartato da una città.
Il protocollo di Kyoto tanto discusso e rifiutato proprio dai paesi maggiormente inquinanti come gli Stati Uniti, che con le loro emissioni vanificano gli sforzi di tutti gli altri paesi più virtuosi, prevede che si realizzi una specie di banca della CO2 , in base alla produzione, ogni paese deve ridurre le emissioni di una certa percentuale entro il 2012, (percentuali che vanno dal 5% al 12%). Gli stati più bravi a ridurre le emissioni raggiungendo e superando l'obbiettivo, possono vendere la CO2 risparmiata oltre la percentuale stabilita ad altri meno virtuosi che non potrebbero mai raggiungere gli obbiettivi fissati. Gli Stati Uniti non hanno aderito per due motivi: perchè con l'economia che hanno, sarebbe stato molto costoso convertire le industrie al fine di ridurre le emissioni e perchè nel caso non avessero centrato l'obbiettivo avrebbero dovuto sborsare miliardi di dollari a stati più capaci come quelli europei che potrebbero raggiungere e superare l'obbiettivo.
Un' industria che vuole risparmiare CO2 può scegliere diverse strade: rendere più efficenti i macchinari facendogli consumare una minore quantità di corrente, alimentarli con fonti rinnovabili oppure decidere di rimboschire una certa area e anche questa scelta verrà, attraverso un complicato calcolo, quantificata nel bilancio complessivo di emissioni/riduzioni.
L' Italia ha aderito al protocollo, per noi l'obbiettivo era di ridurre la produzione di gas serra del 6,5% entro il 2012, da recenti stime si è ottimisti a raggingere questo obiettivo nei tempi prefissati per il momento si sta investendo molto sull'eolico che fra l'altro permette di risparmiare sulla quota di energia elettrica acquistata da Francia e Svizzera. Dalle nostre parti si è cominciato a parlare anche di termovalorizzatori. Occorre precisare però che un conto è piantare degli alberi per ricavare energia un altro è bruciare tutti i nostri scarti, spesso non solo vegetali, per risolvere il problema dei rifiuti e per guadagnarci anche qualcosa. L'idea è buona, la preoccupazione però è quella di alimentare queste strutture con sostanze industriali non organiche ad esempio le plastiche la cui combustione sarebbe nociva per l'uomo e per l'ambiente anche prendendo le migliori precauzioni.


Il Protocollo di Kyoto

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