lunedì 22 ottobre 2007

Bandiera bianca

In una partita a scacchi la fase finale è sempre la più difficile a prescindere dalla posizione in cui ci si trova, lo è sia per il giocatore che ha la vittoria in pugno sia per chi ha il difficile compito di evitare la sconfitta.
Chi è in vantaggio infatti si trova ad avere l'arduo impegno di fare le mosse migliori per mettere con le spalle al muro l'avversario e dare lo scacco matto, se la superiorità di pezzi e di posizione non è così marcata le cose si possono facilmente complicare al minimo errore e una partita che si sentiva in pugno può subire un ribaltamento a causa della perdita anche di un solo pezzo.
Di contro chi è in svantaggio anche se è pur vero che non ha nulla da perdere perchè potenzialmente ha già perso in quanto si trova in una condizione di sudditanza ed è inevitabile che non fa più un gioco di attacco ma di difesa, nonostante ciò, sente che anche il minimo errore può innescare una serie di mosse che lo portano allo scacco matto. Riguardo a questo c'è un giochino che si trova a volte inserito nelle pagine enigmistiche di qualche rivista o quotidiano, ci sta disegnata una scacchiera con i vari pezzi e in alto una frase che di solito fa così: "Il bianco muove, matto in 3 mosse" ciò vuol dire che qualunque mossa fa il nero, se il bianco fa le 3 mosse giuste ha vinto la partita. E' questa la situazione che crea quella tensione da fine partita, da un lato c'è il nero deve evitare di cacciarsi in un tunnel senza uscita e dall'altro il bianco che deve "indovinare" le giuste mosse per costringere il nero in un ideale vicolo cieco.
Se chi è in svantaggio vuole evitarsi questa piccola agonia ma dimostrando così di non avere oltre che coraggio neanche rispetto per l'avversario può scegliere la resa, da una lieve spintarella al suo re e questo cade, il gesto che sancisce la fine della partita. E' una mossa scorretta almeno io l'ho sempre considerata così per tanti motivi; perchè non si da la possibilità al giocatore in vantaggio la soddisfazione della vittoria meritata e come se non si volesse riconoscere il suo vantaggio. La resa è un gesto da codardi ma anche da arroganti, è come dire a chi è in vantaggio: te la do vinta perchè non ho più nessuna intenzione di vederti dominare la scacchiera ma ti assicuro che se mi impegnassi potrei metterti in difficoltà. E' lo stesso sentimento che spinge un dittatore sconfitto al suicidio l'azione che compie chi non ha più la voglia o le energie per lottare.
Un po' più nobile ma altrettanto scorretta è lo scegliere di perdere i tutti i pezzi volutamente e restare soltanto col re, per chi è in vantaggio sicuramente è un comportamento che innervosisce, però almeno ha un senso non è solo un modo per accorciare la durata della partita ma può essere un buon sistema per puntare alla patta per stallo, ovvero quella situazione in cui un re non ha più la possibilità di muoversi perché andrebbe sotto scacco, e per chi pensava di avere già vinto un pareggio vale quanto una sconfitta.
In altre situazioni alzare la bandiera bianca può essere un gesto di umiltà un modo per dire: io mi arrendo, non scappo ma ti voglio dire con tutto il cuore che non sono capace di riuscire a compiere questa cosa e ho deciso di mettermi da parte. Si sa, le sconfitte bruciano pur tuttavia la sconfitta può essere una buona opportunità per dimostrare la propria nobiltà d'animo.
La bandiera bianca che si usa per indicare la resa deve avere un significato, forse il bianco è il colore di chi non ha più niente da dire; quella neutralità che indica all'avversario che può bastare così che non si ha più niente da dirgli. Un po' come alzare le mani in segno di resa è lo stesso messaggio come dire: non sto usando più alcun arma quindi non solo sono vulnerabile alle tue armi ma non sono più nelle condizioni di attaccarti. Tutte le volte che mi sento sconfitto davanti ad una situazione, è dura da accettare, però col tempo anziché fuggire si può imparare anche a dare dimostrazione di rispetto e comprensione.





4 commenti:

Amaracchia ha detto...

Quanto è grande il difetto di non sapersi arrendere mai?

marco ha detto...

Certo detta così sembra tutt'altro che un difetto, mi viene in mente il caso delle malattie, arrendersi ad una malattia vuol dire morire quindi è ovvio che l'attaccamento alla vita che dimostra il malato è un segno di forza veramente pregevole.
Ma pensa a quando vorresti l'amicizia o l'affetto di una persona, pensa che hai fatto di tutto per esternare i tuoi sentimenti ma quella resta impassibile, è dura! Non ci resti male perchè non ottieni nulla in cambio, questo pure, ma sopratutto almeno personalmente perchè tutto quello che hai fatto non è servito a nulla. A volte penso i sentimenti positivi: la gentilezza la benevolenza la compassione abbiano un effetto benefico sugli altri, lo penso perchè l'ho notato, è successo veramente che a volere bene una persona quella si sente anche un po' meglio, ma quando non succede che si fa? Quando non si nota il benchè minimo miglioramento, (figuriamoci gratitudine) devo continuare? Certo ho il dovere però a questo punto devo essere più discreto, devo accettare il fatto che i miei sentimenti non solo non aiutano ma cominciano ad essere anche un fastidio per l'altro e se non sono capace di farmi da parte sarei un arrogante, un presuntuoso che crede di "salvare il mondo" con il suo affetto sarei una specie di molestatore che il grande difetto di non sapersi arrendere, e invece a volte è utile anche saper dire: io mi arrendo! Non sono capace di dare la felicità alle persone a cui voglio bene, pazienza.

Anonimo ha detto...

A scacchi si abbandona...per correttezza e sportività.

marco ha detto...

Sinceramente io l'ho sempre visto come un gesto scorretto un modo per negare ad un avversario la soddisfazione concludere l'incontro con un meritato scacco matto. Comunque grazie per aver espresso la tua!