giovedì 1 marzo 2007

I colori secondo me

Quando ero piccolo avevo sempre questo dubbio: se quando mi hanno insegnato a distinguere i colori io avessi percepito delle tonalità diverse da quelle che percepivano gli altri in tal caso non l'avrei mai potuto scoprire. Mi si dice che quando gli occhi avvertono il colore "X" allora questo è il colore rosso, quindi mi insegnano che la loro percezione "X" devo chiamarla "rosso", ma quello che mi hanno detto di chiamare rosso a me magari fa un altro effetto, diverso da quello che fa ai loro occhi, ai miei occhi non fa l'effetto X ma l'effetto "Y" che comunque chiamerò sempre come loro mi hanno insegnato, cioè rosso. Di conseguenza il mio rosso è diverso da quello degli altri pur essendo entrambi d'accordo a chiamarlo rosso. Mi ricordo ancora l'ilarità della maestra a sentire domandine del tipo: - Perché questo è il rosso?
- Questo è rosso vedi, come una fragola o come cappuccetto rosso.
E io a infierire: - E perché, cos'ha di diverso dal giallo?
E' uno di quei dubbi che solo i bambini possono avere dato che più si cresce più ahimè ci si rassegna alle convenzioni del mondo, la curiosità di scavare più a fondo comincia ad esaurirsi e si smette di fare altre domande. Ma tutto ciò mi ricorda come le persone, pur assegnando una "etichetta" a ogni cosa, non vuol dire che "le cose" di un individuo coincidono con "le cose" di un altro ma semplicemente che due o più persone si sono messi d'accordo a dare lo stesso nome a delle loro sensazioni o concetti.
E se ci sono seri dubbi sulla oggettività di concetti materiali come i colori figuriamoci che succede coi concetti astratti. Non possiamo mai avere la certezza di far capire quello che vogliamo per il semplice fatto che difficilmente il significato che diamo a una parola coincide con quello che da la persona che ci ascolta, è proprio un limite intrinseco del tipo di linguaggio che usiamo. Se fossimo delle macchine che parlano attraverso dei numeri forse avremmo risolto tutti i problemi di incomunicabilità, 25 non è un idea un po' vaga ma una quantità ben precisa ed è la stessa cosa sia per chi lo dice che per chi ascolta, ma in genere tutto il linguaggio scientifico necessariamente deve ridurre al minimo le ambiguità. Chi ottiene un risultato da un esperimento, vale solo se qualcun altro riesce a riprodurre esattamente l'esperimento e ottenere gli stessi risultati, per questo sono banditi aggettivi come tanto, poco, veloce, lento; bisogna sempre specificare quanto "poco" con un numero, quando "lento" con una misura e così via. Sono attributi che non hanno molto senso a pensarci bene, che vuol dire molto o poco, e che vuol dire bello e brutto, interessante o noioso? Ora che ci penso la scienza ha risolto il problema della percezione soggettiva dei colori proprio quantificando una proprietà della luce che è la lunghezza d'onda. Per cui la luce rossa per convenzione è quella che ha una lunghezza d'onda compresa fra 600 e 750 nanometri la luce gialla da 560 e 590 e così via, poi quando ognuna di esse si accavalla con tutte le altre il risultato è la luce bianca; quando invece compaiono tutte una accanto all'altra ma pur sempre distinte e separate l'effetto che si osserva è quello che vedete sotto e anche "questo" non si è salvato dalla nostra ossessione di affibbiare a ogni cosa un' etichetta.



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