lunedì 26 marzo 2007

Giustizia sociale

Qualche giorno fa in tv ho visto un servizio che descriveva il lavoro di una persona. Si trattava di piegarsi fin quasi a terra, avvitare 4 bulloni e aspettare che arrivino gli altri da avvitare. Il tutto avveniva nel giro di 2 minuti e si ripeteva per 8 ore al giorno, a conti fatti quell'uomo compiva quel lavoro ben 240 volte al giorno e in questo caso la precisione del calcolo non è esagerata ma ben giustificata dal fatto che una catena di montaggio difficilmente cambia il suo ritmo.
Alla fine del servizio il giornalista chiede lo stipendio:
- 1.100 € al mese, ma quando faccio gli straordinari anche 1.200 €. Aggiunge fiero l'operaio.
A questo punto chi fa un lavoro meno faticoso per meno ore al giorno e molto più remunerativo potrebbe avvertire due cose, disagio oppure orgoglio. Una persona cinica potrebbe mettersi la coscienza a posto pensando che l'operaio se l'è cercata perché se avesse avuto la volontà di studiare e l'ambizione di aspirare a qualcosa di più alto a quest'ora non sarebbe lì ad avvitare bulloni. Questo ragionamento avrebbe un senso se fosse vero, forse poteva valere 30 o 20 anni fa ma ai nostri tempi la cosa non sta proprio in piedi perché non è affatto vero che chi, con tanti sacrifici raggiunge un alto titolo di studio può pretendere di ottenere un ottimo impiego, deve essere già contento se ne trova qualcuno precario.
Chi ha un briciolo di sensibilità potrebbe chiedersi che ha fatto di male per meritarsi di stare dalla parte dei "cattivi" pur senza averlo scelto e cosa potrebbe fare per aiutare quella gente. Ma anche dietro questo "sentirsi in debito" c'è un idea di fondo essenzialmente sbagliata che è quella di stare togliendo col proprio impiego ben retribuito del denaro a qualcun'altro. Forse quell'operaio meriterebbe una paga maggiore per la fatica che fa ogni giorno ma questo non vuol dire che chi sta sopra di lui, o chi svolge una mansione che non prevede una fatica fisica ma una responsabilità individuale di un certo rilievo sociale dovrebbe prendere meno.
Il valore che si da al lavoro di una persona a volte sembra adeguato a volte sembra ingiusto, dove queste inguistizie sono lampanti le battaglie compiute potrebbero essere l'unico sistema per smuovere le coscienze e tentare di migliorare la situazione; chi decide di prenderne parte non è di sinistra è solo una persona un po' più sensibile delle altre che vorrebbe più giustizia e uguaglianza mentre chi si sente estraneo a queste lotte non è di destra ma solo una persona cinica ed egoista che se ne frega altamente di come stanno gli altri e della fatica che fanno ogni giorno.

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