domenica 5 ottobre 2008

La vita nuova

L'altro giorno leggevo che dei linguisti hanno scoperto la lingua più complicata che si conosca; appartiene a una tribù dell'Amazzonia i Piraha di appena 350 individui, quasi sconosciuta o per meglio dire di cui si conosceva soltanto l'esistenza ma non gli usi e costumi tanto meno la lingua. La definiscono "complicata" perchè è molto diversa da tutte le altre fin'ora conosciute non certo perchè abbia una struttura particolarmente complessa, anzi è l'esatto contrario, l'alfabeto è composto soltanto da 7 consonanti e 3 vocali e oltre ad essere parlata può anche essere fischiata! Per di più ha un vocabolario molto scarno e la stessa parola può avere diversi significati, tanta semplicità non è un caso.
Il linguaggio che una popolazione usa correntemente la dice lunga sullo stile di vita che tiene quella popolazione, e così in una società dove non esiste l'economia come la intendiamo noi non serve inventarsi una parola che significa 3 o 4, basta dire "molti" non certo per una difficoltà cognitiva di questa gente ma soltanto per una questione di opportunità, la loro vita semplicemente non prevede il concetto di accumulo e per questo non serve una definizione. E cosa più interessante è che non ci sono neanche parole che indicato i concetti di prima e dopo, potremmo pensare che ciò è dovuto alla loro filosofia di vita che non contempla la necessità di soffermarsi col pensiero su ciò che è stato o su ciò che sarà in futuro.
Io invece col mio pensiero mi soffermo fin troppo spesso a cose su cui non è necessario soffermarsi e questa volta l'oggetto è il mio modo di esprimermi. Ho notato che questo si adatta abbastanza rapidamente alle situazioni che vivo. Partendo dalle parole, l'esempio più banale: quando studiavo il mio lessico era pieno di parole che mi servivano a ripetere i concetti appresi, termini che a volte che sconfinavano impropriamente in contesti nel quale non erano nate, facendo la brutta figura del saccente che si vanta di usare un linguaggio complicato in pubblico per far notare che la sa più lunga di tutti gli altri. Ma anche le situazioni, quelle tristi mi mettono in testa pensieri che si radicano talmente tanto da influenzare le espressioni, questa volta non le parole in ma il tono di voce, gli atteggiamenti, l'umore cupo o allegro che sia traspare nel tono di voce e nella mimica facciale, al di là di ciò di cui si sta parlando, a volte tradendo incoerenza con quello che si sta dicendo a voce.
E infine le persone che mi stanno accanto, l'esperienza di instaurare un rapporto intimo vorrà dire prima di tutto imparare una nuova lingua, fatta non solo di parole ma anche di gesti e di comportamenti da modulare e ripensare. Da fuori si ha l'impressione che per far funzionare un rapporto è necessario cambiare il proprio stile di vita se non addirittura il proprio carattere pur di piacere o di non dispiacere, da dentro è chiaro che in realtà basta essere se stessi in un modo diverso, fare questo sforzo per non ferire coi propri "spigoli" la persona che sta accanto. I Piraha parlano da secoli una lingua semplice perchè da secoli fanno una vita semplice scandita dal giorno e dalla notte, fatta soltanto di caccia e raccolti. Quanto noi persone complicate, se decidiamo di semplificare almeno un po' la nostra vita iniziandone una nuova a tratti più "infantile", quasi automaticamente il nostro linguaggio si adatterà a tutte le nuove situazione difficilmente esprimibili con il vecchio.
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3 commenti:

zefirina ha detto...

hai ragione basta essere se stessi e rimodularsi semplicemente per adattarsi alla nuova relazione, sai ci ho pensato anche io ..al fatto di riabituarsi a certi gesti o meglio ho pensato che dopo una storia intensa come quella precedente non sarei mai più stata capace di dire certe parole ad un altro, ma poi ti rendi conto che ti verrano fuori in un altra maniera: perchè tu e lui / o lei, insieme siete un'altra cosa

(contorta eh???)

marco ha detto...

No no sei stata chiara. Fra l'altro anche se non ho fatto nessun riferimento a storie nuove da ricominciare dopo altre finite, io avevo in mente proprio questa situazione. Hai usato un verbo che calza perfettamente "riabituarsi". Grazie dell'intervento!

zefirina ha detto...

figurati sulla teoria sono un asso...è sulla pratica che poi mi perdo